Fra le principali caratteristiche fisiche del legno vi sono: il peso specifico ( peso della unità di volume, variabile allo stato secco, da un minimo per il balsa “Ochroma” “0,05” ad un massimo per Guaiacum officinale e Krugiodendron ferreum “1,35”; i valori più elevati per le essenze italiane sono 1,05-1,10 in robinia, leccio, sughera, basso, olivo). Il peso specifico commerciale è quello che si ha ad una umidità normale del 12%.
Altre caratteristiche fisiche sono: la resistenza elettrica, le caratteristiche acustiche, le relazioni con il calore e, di massima importanza, le relazioni fra il legno e l’umidità. Il legno secco, posto in ambiente umido, assorbe acqua per reazione di superficie, ad una data temperatura, le pareti cellulari contengono la massima quantità possibile di umidità. L’acqua che successivamente il legno può assorbire per immersione riempie completamente (al punto d’imbibizione totale) la cavità delle cellule. Assorbendo acqua, il legno rigonfia sino al punto di saturazione; perdendola si ha il fenomeno inverso del ritiro.
L’ulteriore assunzione di acqua oltre il punto di saturazione non fa più aumentare il volume del legno. Il coefficiente di ritiro indica la modificazione del volume per una variazione unitaria di umidità; per legname di piante spontanee o coltivate in Italia, è massimo per gli eucalipti, il carpino, il basso; intermedio per faggio, larice, abete rosso e castagno; minimo ( da metà ad un terzo del precedente) per i pioppi ibridi, ontano nero, pino laricio, pino domestico, pino silvestre e abete bianco.
Si dice movimento del legno l’alternarsi di rigonfiamento e di ritiro che esso presenta a seconda delle condizioni di umidità cui è sottoposto e che non può essere eliminato con la stagionatura: il fenomeno dipende dalla non omogeneità nella costituzione del legno.
Mentre il movimento lungo le fibre è di solito minimo, quello radiale e tangenziale è assai maggiore; il rapporto fra il secondo e il primo si dice ritiro differenziale ed è assai importante essendo correlato con la distorsione durante il disseccamento. È chiaro che un forte ritiro è un fattore negativo poiché certe variazioni dimensionali in molti impieghi sono assai dannose. Causa la diversità nelle tensioni di ritiro durante l’asciugamento, si originano sforzi interni che si estrinsecano in spacchi a zampe di gallina sulle testate dei tronchi, fessurazioni longitudinali e radicali, spacchi in direzione radiale e, nelle tavole, imbarcamento (incurvamento), fessurazioni interne, apertura a <<V>> delle estremità e svergolamento secondo l’asse maggiore (deformazione secondo una superficie elicoidale).
Esistono appositi strumenti elettrici misuratori dell’umidità del legno basati sul fatto che la resistenza opposta dal legno al passaggio della corrente elettrica è quasi nulla se esso è saturo d’acqua mentre va aumentando con il diminuire dell’umidità. Le caratteristiche acustiche del legno, interessano praticamente la sonorità (legni adatti pere strumenti musicali) e per l’assorbimento dei suoni onde evitare echi (ad esempio sale da musica) o per insonorizzare un locale in modo che quelli adiacenti non ricevano suoni indesiderati; ciò si ottiene mediante rivestimento di compensato (tenuto isolato dalla parete mediante listerelle per i toni bassi e medi) e di pannelli di fibre agglomerate (isolanti per i toni alti).
La durezza del legno può indicarsi come la resistenza che esso oppone agli utensili che servono a lavorarlo; delle essenze italiane quelle a legno più tenero sono gli abeti, i pioppi, il pino cembro, i pini silvestre e nero, i salici, i tigli; seguono, aumentando la durezza, il larice, gli ontani, il pino domestico, il castagno e la betulla; indi cipresso, olmo, rovere, farnia, aceri; poi faggio, frassino, cerro, carpino bianco, robinia, orniello; i più duri sono: carpino nero, sughera, olivo e specialmente leccio, maggiociondolo e basso. La durezza è assai importante nelle tecnica delle costruzioni e varia per una stessa specie a seconda che si abbia contatto o no con il suolo, se il legname è al coperto o allo scoperto, se continuamente immerso in acqua o con alternanza di secco e umido.
In senso assoluto le specie assai durevoli sono: querce (vari secoli in ambiente asciutto), olmo, noce, robinia, larice e cipresso; le altre latifoglie sono tutte poco durevoli in tutte le condizioni: fa eccezione l’ontano che è assai durevole continuamente immerso in acqua ( si calcola sin oltre 500 anni); di media durata risultano abeti, pini, castagno, carpino, cerro e frassino.